Diritto di abitazione del coniuge superstite anche con vendita all’asta

24.04.2016 11:33

Il coniuge superstite ha il diritto di abitazione nella casa ove la famiglia aveva l’ultima residenza anche nel caso in cui l’immobile venga venduto all’asta o trasferito.

 

La domanda

La questione sottopostaci da una lettrice, oltre che interessante per i suoi risvolti umani, ci consente di chiarire i termini del diritto di abitazione sulla casa coniugale da parte del coniuge superstite.

La situazione reale che ci viene prospettata da una anziana signora è la seguente:

“Mio marito è mancato meno di un anno fa.

Insieme possedevamo la casa ove abitiamo da trent’anni. Al momento della morte, io e mio figlio avremmo dovuto ereditare la quota di mio marito. Pensando di risparmiare sulle tasse e consapevoli del fatto che io sarei rimasta a vivere lì gli anni che mi rimangono, ho rinunciato all’eredità facendo in modo che la proprietà della casa fosse intestata per intero a mio figlio che, peraltro, è molto affezionato a me.

In quest’anno è successo di tutto: mio figlio ha perso il lavoro ed il piccolo negozio intestato a sua moglie non va tanto bene. Vi sono pure parecchi arretrati verso Equitalia.

Se a causa dei debiti dei miei familiari si dovesse arrivare alla vendita all’asta della casa – cosa che non posso escludere, vista la situazione – corro il rischio di rimanere senza un tetto?”

 

La risposta

Il diritto di abitazione della casa coniugale a favore del coniuge superstite.

L’art. 540, secondo comma del Codice Civile riserva a favore del coniuge superstite il diritto di abitazione della casa adibita a residenza familiare e di utilizzare i beni che la arredano, sia la casa fosse di proprietà esclusiva del coniuge deceduto, sia che fosse in comunione.

Lo scopo della norma è di tutelare non tanto l’interesse economico del coniuge superstite di disporre di un alloggio, quanto l’interesse morale legato alla conservazione dei rapporti affettivi e consuetudinari con la casa familiare; la conservazione della memoria del coniuge scomparso, delle relazioni sociali e degli status simbol goduti durante il matrimonio.

La Cassazione ritiene che il Codice miri a tutelare la “stabilità delle abitudini di vita” legate all’abitazione nella casa familiare [1].

Ne segue – ma non è ovviamente il nostro caso – che la regola non si applica nel caso di coniugi separati o non conviventi, stante l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare. Situazione, questa, che fa venir meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione del diritto di abitazione [2].

 

Si tratta di un diritto che si acquisisce per eredità?

Il diritto di abitazione è riconosciuto dalla legge indipendentemente dalla circostanza che si sia acquisita o meno la qualità di erede del defunto: in termini tecnici si dice che non si tratta di un diritto iure ereditatis.

Nel caso in esame, pertanto, ne deriva che la rinuncia all’eredità non ha fatto venir meno il diritto di abitazione che, come abbiamo visto, discende dalla legge e non implica il possesso della qualità di erede [3].

È interessante notare che il calcolo del valore del diritto di abitazione al fine di stabilire le quote di legittima, deve essere eseguito in prededuzione. Prima di procedere alla divisione tra i coeredi, dunque, il valore di questo diritto – secondo il meccanismo utilizzato per il prelegato – deve essere stralciato dall’asse ereditario e solo sul rimanente andranno calcolate le quote dovute per legge ai parenti [4].

 

Cosa succede se la casa già adibita a residenza familiare viene venduta?

Possiamo serenamente affermare che l’attuale detentrice dell’immobile non rimarrà senza un tetto.

La Corte di Cassazione ha, infatti, affrontato la questione stabilendo che al momento della morte del coniuge, il superstite acquista direttamente il diritto di abitazione e che tale acquisto prevale sugli acquisti successivi.

Posta, pertanto, in teoria, la possibilità che il proprietario dell’immobile lo venda a terzi, tale vendita non potrà pregiudicare la nostra lettrice che potrà continuare a vivere nella stessa casa ove ha abitato insieme al marito defunto.

 

E se la vendita avvenisse all’asta a causa dei debiti?

La difficile situazione economica del figlio della nostra lettrice, se è preoccupante per altri versi, non lo è per quanto riguarda il diritto di abitazione della stessa: anche nel caso di vendita all’asta, il diritto di abitazione sarebbe salvaguardato.

La Suprema Corte, investita di tale questione, ha confermato la sentenza di merito che aveva stabilito che il diritto di abitazione ex art. 540 c.c. può essere opposto anche all’aggiudicatario in sede di asta fallimentare [5].

 

Cosa occorre per poter far valere questo diritto nei confronti dei terzi?

Si potrebbe rispondere che non occorre null’altro che un certificato di residenza e lo stato di famiglia. Che basti, in sostanza, la dimostrazione che già prima della morte del coniuge, quello superstite abitava nella casa. Non è necessario, infatti, e di regola, che il diritto in questione sia stato trascritto nei pubblici registri per essere opponibile ai terzi [6].

Ai terzi che abbiano acquistato un diritto sull’immobile, tuttavia, è concesso di dimostrare che l’abbiano fatto in buona fede, pensando che esso fosse libero da pesi.

Ecco perché è sempre opportuna la trascrizione del diritto di abitazione, in modo da renderlo esplicito ed opponibile.

Nella denuncia di successione si dovrà, pertanto, dare atto della sua esistenza e ciò lo renderà incontestabile da parte di chiunque vanti diritti incompatibili.

Qualora, come nel caso che stiamo esaminando, vi sia stata già una denuncia di successione nella quale non ne sia stata fatta menzione, si dovrà integrarla – ove possibile dal punto di vista dei termini – comprendendovi l’indicazione del diritto del coniuge.


La sentenza

Cassazione civile, sez. II, 30/04/2012,  n. 6625

(ud. 30/03/2012, dep.30/04/2012)

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 31-10-2001 F.M. e F.P. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma B.A. e C.D. (quest’ultima madre degli attori) chiedendo dichiararsi lo scioglimento della comunione esistente tra gli stessi relativa all’immobile sito in (OMISSIS) piano terzo, interno 4, con attribuzione congiunta per intero del bene agli esponenti e con versamento del conguaglio in favore degli altri condividenti.

Si costituiva in giudizio il B. non opponendosi alla divisione previo accertamento della indivisibilità dell’immobile e del suo valore di mercato.

Si costituiva in giudizio anche la C. che non si opponeva alla divisione e che chiedeva, previo accertamento del suo diritto di abitazione sul bene ex art. 540 c.c., l’attribuzione in proprio favore di esso con addebito del conguaglio.

Il Tribunale adito con sentenza del 18-1-2005, in accoglimento della domanda di scioglimento della suddetta comunione immobiliare proposta dagli attori, disponeva l’assegnazione dell’appartamento sopra menzionato, ritenuto non comodamente divisibile, alla C. con obbligo

[1] Cass. S.U. sent. n. 4847/2013, sent. n. 22456 /14.

[2] Cass. sent. n. 13407/2014.

[3] Cass. sent. n. 23406/2015:  La permanenza, dopo il decesso del coniuge, nell’ abitazione familiare, integra l’ipotesi di esercizio del diritto di abitazione e di uso dei mobili . Tale diritto è posto in capo al coniuge superstite dalla legge, ai sensi dell’art. 540 c.c. ed è, pertanto, escluso che lo stesso possa ritenersi possessore di bene ereditario per gli effetti previsti dall’art. 485 c.c..)

[4] Cass. S.U. sent., n. 4847/2013.

[5] Cass. sent. n. 6625/2012.

[6] Trib. Roma, sez. IV, 22/01/2015, n. 1413 “Il diritto di abitazione ex art. 540 c.c. non è soggetto a trascrizione, trattandosi di un diritto che nasce per il solo fatto dell’esistenza di un coniuge superstite e di una dimora familiare, ed è escluso dalla elencazione tassativa contenuta nell’art. 2643 c.c.. tale diritto si configura come un legato “ex lege” che viene acquisito immediatamente dal coniuge superstite, secondo la regola dei legati di specie (art. 649 c.c.) al momento dell’apertura della successione”. Conforme: Cassazione civile sez. II 30 aprile 2012 n. 6625.


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