L’esecuzione sulla casa si stoppa dopo tante aste

21.04.2015 23:21

Ho un immobile che è stato messo in vendita dal tribunale a seguito di un pignoramento avviato dalla banca ed Equitalia; sono passati tanti anni e la base d’asta è scesa notevolmente: c’è un limite di tempo massimo per queste procedure oppure si rischia che, a furia di ribassi, l’immobile venga di fatto “regalato”?

 

La legge tenta di contemperare l’esigenza del creditore (quella di ottenere, dalla vendita dell’immobile pignorato, massima soddisfazione al proprio credito) con quella del debitore (non “svendere” i beni soggetti a pignoramento e, nello stesso tempo, riuscire a ricavare, dalla vendita forzata degli stessi, il maggior ricavo per poter estinguere, o ridurre in modo congruo, il proprio debito). In caso di pignoramento e di pluralità di aste deserte, è chiaro che l’eccessivo deprezzamento del bene non risulterebbe conveniente né al creditore (che non vedrebbe ripagata l’attesa, le spese sostenute e le ragioni avanzate), né al debitore (che verrebbe espropriato, senza però essersi sbarazzato del debito).

 

Alla luce di ciò, esistono due modi per tentare di bloccare l’esecuzione forzata e, quindi, l’espropriazione della casa a un prezzo eccessivamente basso rispetto al valore di mercato.

 

Il primo – quello per così dire “tradizionale” – è di ricorrere a una norma del codice di procedura civile [1] che consente, al giudice, di disporre la sospensione d’ufficio dell’esecuzione forzata in caso di “eccesso di ribasso del prezzo di vendita”: in pratica, il magistrato “può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto”.

In verità, tale previsione non estingue la procedura, ma la “blocca” provvisoriamente in attesa di tempi migliori per il mercato immobiliare. L’esecuzione forzata, in quel caso, ripartirà da dove era stata interrotta.

Tipico è l’esempio di una crisi del settore “casa”, che faccia ritenere consigliabile astenersi dal vendere onde evitare un eccessivo deprezzamento del bene.

 

Il secondo sistema è certamente quello consigliabile perché, a differenza del primo, in caso di successo, non comporta la semplice sospensione dell’esecuzione forzata, bensì l’estinzione, ossia la “chiusura” e la restituzione della casa al debitore, che ne ritorna anche in possesso (se era stato allontanato). Tale possibilità è stata concessa dall’ultima riforma del processo civile [2];in pratica, in base alla nuova norma, il giudice può disporre la chiusura anticipata della procedura esecutiva qualora ritenga che, a seguito dei numerosi ribassi di asta, l’eventuale vendita non riuscirebbe a soddisfare i creditori (il che, di conseguenza, renderebbe insoddisfatto anche il debitore, posto il forte sacrificio – l’esproprio – a fronte di una minima utilità – la liberazione solo di una piccola parte del debito).

 

Quando si può chiedere l’estinzione dell’esecuzione?

In verità la legge non fissa un parametro certo e matematico, né dice dopo quante aste deserte si può interrompere la procedura, ma lascia al magistrato ampia libertà di determinare quale sia, in relazione al caso concreto, il momento più giusto per estinguere il pignoramento. Gli unici suggerimenti forniti dalla norma sono quelli di effettuare un raffronto tra il prezzo di presumibile vendita da un lato e i costi necessari per proseguire la procedura e le effettive possibilità di liquidare il bene dall’altro.

 

Tanto per esemplificare, sarebbe possibile bloccare l’esecuzione quando l’immobile sia in stato di abbandono, non vi siano mai stati offerenti alle precedenti aste (facendo ritenere che, anche nell’imminente, non ve ne saranno di nuovi), eccessiva forbice tra il valore di mercato del bene e il prezzo disposto come base d’asta (sceso a seguito dei ribassi).

 

L’istanza, il rigetto o l’accoglimento

La richiesta andrà fatta mediante un’istanza da presentare al giudice. Non trattandosi di un giudizio, non costa nulla: non è dovuto il contributo unificato e, in caso di rigetto, non si viene neanche condannati alle spese processuali. Insomma, tutto ciò che può succedere, nella peggiore delle ipotesi, è che il giudice rigetti l’istanza e vada avanti.

 

Se però il tribunale dovesse accogliere l’istanza, la procedura si estinguerebbe per sempre e il creditore non potrebbe nuovamente pignorare lo stesso bene (pena una condanna per abuso di diritto con risarcimento del danno).


[1] Art. 586 cod. proc. civ.

[2] Art. 164 bis DL n. 132 del 12.09.2014 conv. in legge n. 162 del 10.11.2014.


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