Pignoramenti: conti correnti subito accessibili.
05.03.2016 15:25
[1] Trib. Mantova, ord. del 3.02.2015.
[2] Trib. Pavia, ord. del 25.02.2015.
[3] Trib. Napoli, ord. del 2.04.2015.
[4] Art. 492-bis cod. proc. civ.
Ricerca telematica dei beni da sottoporre a esecuzione forzata: non c’è bisogno dei decreti attuativi; se il tribunale non dispone della tecnologia necessaria a consentire all’ufficiale giudiziario l’accesso diretto alle banche dati, autorizza il creditore a rivolgersi direttamente ai gestori.
Non si possono frapporre ostacoli al creditore che vuol verificare, telematicamente, quali sono i beni di proprietà del debitore da sottoporre a pignoramento.
Non ci sono solo Mantova [1] e Pavia [2] tra i tribunali che ritengono possibile, sin d’ora, l’accesso diretto, da parte del creditore, alle banche dati della pubblica amministrazione per ricercare telematicamente i beni del debitore da pignorare: c’è ora anche Napoli [3].
In buona sostanza, tutto parte dalla riforma del processo civile approvata l’anno scorso. La nuova normativa [4] consente al creditore – previa autorizzazione del Presidente del Tribunale – di effettuare, attraverso l’ufficiale giudiziario, l’accesso ai database della pubblica amministrazione (come l’anagrafe tributaria o quella dei conti correnti) onde verificare quali sono gli “averi” del debitore da sottoporre a esecuzione forzata; in questo modo si tenta di agevolare le procedure di recupero crediti ed evitare la consueta “caccia al tesoro” che ne ha sempre pregiudicato l’effettiva utilità.
Senonché la riforma ha lasciato un vuoto, avendo rinviato, per l’attuazione pratica di tutto ciò, a uno o più decreti ministeriali che non sono mai intervenuti. E allora, il giusto interrogativo che si stanno ponendo i tribunali: nel frattempo, è possibile comunque autorizzare i creditori a rivolgersi direttamente ai gestori delle banche dati?
Qualche mese fa, il Tribunale di Mantova aveva dato parere positivo (leggi: “Creditori: le ricerche nell’anagrafe tributaria del debitore sono già operative”). Ad esso oggi si aggiunge anche quello di Napoli.
In entrambi i casi, l’ostacolo è stato superato seguendo questo ragionamento: in attesa dei decreti attuativi (che dovrebbero stabilire anche le regole sulla privacy da rispettare) e delle dotazioni tecnologiche da parte degli ufficiali giudiziari, il creditore (sempre previa autorizzazione del Presidente del Tribunale) può rivolgersi direttamente alle singole amministrazioni che gestiscono le banche dati alle quali intende fare accesso (e così, quindi, l’Inps, l’Agenzia delle Entrate, il Pubblico Registro Automobilistico, ecc.): saranno queste ultime, al posto dell’ufficiale giudiziario, a fornire al creditore le informazioni richieste e di cui ha necessità al fine di sapere dove il debitore “nasconde” i beni.
Dunque, la lacuna lasciata dalla riforma della giustizia appare superabilissima anche per il foro partenopeo. Tempi duri per i debitori che, peraltro, subiranno l’ispezione telematica anche in assenza di un precedente pignoramento con esito negativo. In buona sostanza, il creditore, prima ancora di effettuare un tentativo di esecuzione forzata, potrà rivolgersi in anticipo ai gestori delle banche dati in modo poi da andare “a colpo sicuro” e sapere dove e cosa pignorare, senza inutili sprechi di soldi e di tempi.
[1] Trib. Mantova, ord. del 3.02.2015.
[2] Trib. Pavia, ord. del 25.02.2015.
[3] Trib. Napoli, ord. del 2.04.2015.
[4] Art. 492-bis cod. proc. civ.
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