Se la finanziaria segnala illegittimamente il cliente alla Centrale Rischi e il cliente è “consumatore”, il giudice competente per l’impugnazione è quello del luogo di residenza.
Il foro competente per le cause in cui si contesta l’illecito trattamento dei dati personali, come nel caso di illegittima segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia, è quello della residenza o domicilio eletto del consumatore se l’illecito trattamento è avvenuto nell’ambito di un rapporto contrattuale di consumo.
È il caso, per esempio, della segnalazione illegittima alla Centrale Rischi da parte della finanziaria che ha concesso al cliente il prestito per l’acquisto di un’autovettura.
È vero che la legge [1] prevede che, per le cause aventi ad oggetto questioni inerenti il trattamento dei dati personali, è competente il tribunale del luogo in cui ha la residenza il titolare del trattamento.
Tuttavia, se la lesione della privacy e l’illegittimo trattamento vengono denunciati nell’ambito di un rapporto di consumo, deve ritenersi applicabile la disposizione del codice del consumo che attribuisce la competenza al giudice del luogo di residenza o domicilio del consumatore [2].
La Cassazione [3] ritiene infatti che la norma sul foro del consumatore è esclusiva e inderogabile e prevale su ogni altra regola di competenza prevista dalla legge, anche su quella relativa al foro per le cause in materia di privacy.
Ovviamente, il foro del consumatore rileva a condizione che il soggetto che lamenta la lesione della privacy assuma, nell’ambito del rapporto contrattuale portato in giudizio, la veste di “consumatore”.
Si ricorda a tal proposito che la qualifica di “consumatore” spetta solo alle persone fisiche e solo se e in quanto le stesse concludano un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata.
Deve, invece, essere considerato “professionista” tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che stipuli il contratto o nell’esercizio della sua attività imprenditoriale o professionale o per uno scopo a questa connesso [4].
La qualifica di consumatore o di professionista varia in base al singolo contratto stipulato e agli interessi e scopo allo stesso sottesi. Per tale motivo occorre guardare con attenzione al caso concreto.: uno stesso soggetto può infatti assumere la veste di consumatore, se richiede un prestito per l’acquisto di un’auto personale, oppure di professionista in caso di auto aziendale.
Qualora il contratto di finanziamento sia stato concluso come consumatore e qualora, nonostante le rate del prestito siano state restituite, la finanziaria abbia segnalato il nominativo alla Centrale rischi, l’interessato potrà contestare l’illecito trattamento dei dati personali, ricorrendo al tribunale del proprio luogo di residenza (e non a quello del titolare del trattamento).
Le ragioni di fondo della protezione accordata al consumatore (anche con la previsione di un foro esclusivo per le controversie che lo riguardano) risiedono in una presunzione di inesperienza, scarsa informazione e soprattutto debolezza contrattuale dello stesso nei confronti della controparte, che, in quanto professionista, e cioè persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, è ragionevolmente molto meglio attrezzata a gestire tutte le fasi del contratto, da quella delle trattative a un eventuale contenzioso.
La previsione di un foro comodo per l’utente risponde al dato evidente secondo cui l’obbligo di sostenere il giudizio in una località diversa da quella di residenza o di domicilio, limiterebbe fortemente il diritto del consumatore di agire in giudizio.
Il foro esclusivo del consumatore non può pertanto essere derogato da altre norme sulla competenza, anche se previste da una legge successiva, come nel caso del foro per le cause in materia di privacy.
[1] Art. 10 D.Lgs. 150/2011.
[2] Art. 33, lett. u), D. Lgs 206/2005.
[3] Cass. ord. n. 5705/2014.
[4] Cass. sent. n. 21763/2013.
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